Lord Byron e Augusta Leigh: le lettere intime che rivelano l'anima del poeta romantico

Quando parliamo di corrispondenza d'epoca e lettere storiche, pochi epistolari riescono a toccare il cuore quanto quello tra Lord Byron e sua sorella Augusta Leigh. Come i francobolli vintage che danno vita ai nostri gioielli d'epoca, anche le parole scritte a mano nel XIX secolo conservano un'anima che il tempo non riesce a sbiadire.

Oggi vi porto alla scoperta di un tesoro della letteratura romantica inglese: la prima raccolta completa delle lettere di Byron tradotte in italiano da Rubina Valli, un lavoro che ci restituisce il vero volto umano del celebre poeta. Questa straordinaria corrispondenza tra fratelli ci mostra come l'arte epistolare dell'Ottocento fosse capace di creare ponti emotivi che resistono ai secoli.

In un'epoca dove tutto corre veloce e le comunicazioni digitali si consumano in un istante, queste lettere d'amore fraterno ci ricordano quando scrivere significava scegliere ogni parola con attenzione, proprio come accadeva per i francobolli storici che univano persone lontane. Come i nostri gioielli con francobolli d'epoca, queste corrispondenze raccontano storie autentiche di vita vissuta.

 Cosa ti ha spinto a dedicarti alla traduzione di queste lettere così intime e personali di Byron? 

In generale, sono sempre stata attratta dalle lettere e dai diari di scrittori e artisti, perché spesso è proprio nella loro scrittura intima e privata che possiamo avvicinarci davvero alla loro realtà umana. Questo è ancora più vero nel caso di Lord Byron, una figura complessa, contradditoria e spesso vittima di fraintendimenti e giudizi superficiali. A seconda dei contesti, tendeva a mostrare diversi aspetti della propria personalità, che di volta in volta assumevano il valore di una maschera: mettendo in luce un aspetto, oscuravano gli altri. Così c’era Byron amante insaziabile, poeta prolifico e dissacrante, viaggiatore romantico. Tra questi volti parziali, era difficile cogliere la sua vera personalità. Leggendo le sue lettere nella raccolta di Leslie Marchand, che conta di 12 volumi, mi sono accorta che nelle lettere alla sorella Augusta emergeva un Byron più intimo, vero, fragile, profondamente ferito. Ho, quindi, cercato una raccolta di lettere che raccogliesse solo il carteggio tra loro due, e ho scoperto che non esisteva. Allora ho raccolto io stessa tutte le lettere di Byron ad Augusta contenute nel Marchand, ho contattato diverse biblioteche ed enti per cercarne altre, e ho cercato lettere di Augusta stessa, per avere una visione più completa e obiettiva del loro rapporto. Dalla New York Public Library ho avuto la copia del manoscritto di una lettera di Byron non contenuta nel Marchand, e dalla National Library of Scotland ho avuto diverse copie dei manoscritti di lettere di Augusta, assolutamente inedite. Il mio editore, Elio Scarciglia di Terra d’ulivi, si è mostrato entusiasta del progetto fin dall’inizio, così abbiamo pubblicato la prima raccolta del carteggio tra Byron e la sorella Augusta. La mia ricerca non si ferma qui: mi piacerebbe trovare altri manoscritti.

       Durante la traduzione, hai mai avuto la sensazione di essere una "intrusa" in una corrispondenza così privata? 

      Sì.  L’unica cosa che mi permetteva di superare questa sensazione di intrusione, quasi voyerismo, è il fatto che Byron stesso non desiderasse nascondersi, soprattutto ai posteri. Byron aveva affidato all’amico Thomas Moore diari e carte in cui raccontava la propria vita, con particolare attenzione alla sua catastrofica esperienza matrimoniale e a vicende legate alla giovinezza a Cambridge. In seguito, a causa di pressanti necessità economiche, pregò Moore di vendere i diari all’editore e amico Murray, per 2000 sterline. Alla morte di Byron nel 1824, il carissimo amico del poeta John Cam Hobhouse, nominato da Byron esecutore testamentario e ben consapevole di tutto ciò che i diari contenevano, pregò Augusta di recarsi con lui da Murray al più presto in modo da disporre la distruzione dei diari, che furono in effetti bruciati nel camino. Byron ci avrebbe rivelato molto di più, ma non ha potuto farlo, perché altri decisero per lui. Allora, non mi sento più un’intrusa ma una persona che, con rispetto e grande cura, si avvicina a quanto di più prezioso egli avesse al mondo, e lo riporta alla luce.

     Quali sono state le sfide linguistiche più complesse nel tradurre la prosa di Byron? Il suo stile epistolare presenta particolarità che in italiano richiedevano soluzioni creative? 

     Lo stile epistolare di Byron varia molto nel tempo. Le prime lettere, per quanto affettuose e intime, hanno un carattere pomposo e un po’ formale che va via via svanendo, per lasciare spazio a un tono più intimo che in alcuni punti è quasi un flusso di coscienza ante litteram – pensiamo al diario alpino del 1816, in cui la punteggiatura quasi svanisce, e pensieri e riflessioni si mischiano a impressioni sensoriali e ricordi – in un flusso, appunto, che egli offre alla sorella Augusta ma che gli permette anche un grande lavoro di introspezione. Ho lavorato per mesi a questo libro, che è iniziato con l’idea di scrivere “di” Byron, per poi finire a parlare “con” lui, attraverso di lui, raccogliendo e traducendo le sue lettere alla sorella e alcune lettere di lei a lui. Ogni parola è frutto di attenzione, riflessione e cura, soprattutto il lavoro sui manoscritti ha richiesto una devozione particolare, un affetto e una dolcezza che ho sentito forti fin dall’inizio. Un grande aiuto sono state le lettere scritte in italiano da Byron stesso – ricordo che, dopo la separazione dalla moglie nel 1816, non tornò mai più in Inghilterra, e visse a lungo anche in Italia. Ho cercato di usare le sue parole, il suo modo personale di usare la lingua italiana. Di certo, vivere queste lettere da dentro ogni parola mi ha permesso di avvicinarmi a Lord Byron e alla sua fragilità, ed è stato struggente. Spero di essere riuscita a trasmettere tutta questa bellezza.

         Che tipo di relazione emerge da queste lettere tra Byron e sua sorella Augusta?

La relazione tra Byron e la sorella è molto profonda. Prima di tutto occorre ricordare che erano fratelli non di madre ma di padre, il Capitano John (“Mad Jack”) Byron. Uomo inaffidabile e dissoluto, sposò la prima moglie Amelia Osborne nel 1778, dopo aver intrattenuto con lei una relazione che spinse il marito a ripudiarla. Si trattava di una nobile ereditiera da cui Mad Jack ebbe tre figli, fra cui Augusta, che fu l’unica a sopravvivere. Amelia morì nel 1884 e già l’anno successivo John Byron sposò un’altra ereditiera, la scozzese Catherine Gordon. Per assicurarsi il suo patrimonio, ne acquisì il cognome, così il loro unico figlio sarà George Gordon, Lord Byron. Byron e Augusta non vissero mai insieme da bambini: si conobbero quando lui era adolescente, e lei già una giovane donna di 5 anni più grande. Questo fece sì che non sviluppassero un senso di intimità fraterna nell’infanzia. Allo stesso tempo, quando si conobbero sentirono in maniera particolarmente forte la realtà del proprio legame di sangue, proprio quel sangue paterno che per entrambi aveva lasciato “un’eredità di tempesta”. Nel 1804 scrisse ad Augusta:

“Ricorda, mia Cara Sorella, che tu sei la parente più stretta che ho al mondo sia per i legami di sangue che di affetto”.

Il loro legame fu forte e intimo fin dall’inizio, protetto dalla consapevolezza della fraternità e quindi libero dalle strette regole sociali del periodo, che non permettevano scambi liberi tra uomini e donne, soprattutto nel contesto di classi sociali elevate. Byron ne fa la più intima confidente, a cominciare dagli sfoghi sul comportamento della madre. La corrispondenza ha una pausa di un paio d’anni in occasione del primo viaggio all’estero di Byron, e riprende poi nel 1811, quando Augusta gli scrive – senza nemmeno sapere dove si trova – per offrire le proprie sincere condoglianze per la morte della madre. Quella lettera di Augusta segna il loro riavvicinamento, e l’inizio di un legame sempre più stretto che, pochi anni dopo, sfocerà in una relazione incestuosa. Mi fa sempre un certo effetto usare questo termine, così carico di valenze negative, per descrivere la loro relazione. Direi piuttosto che il loro legame, per un certo periodo, si espresse anche a livello fisico, forse perché con nessun altro Byron si sentiva così compreso, accolto, amato. Egli stesso scrive in una meravigliosa poesia a lei dedicata:

mia dolce sorella, nel tuo cuore

So d’esser al sicuro, come tu nel mio; 

Credo che la chiave sia proprio lì, in quella sicurezza che tanto fortemente cercò per tutta la vita, trovandola solo in lei.

 

Byron si mostra diverso da come appare nelle sue opere pubbliche?

      Sì, molto diverso. Come dicevo all’inizio, con Augusta si ha l’impressione di conoscere l’uomo Byron, nella sua umanità più disarmata e vera.

Quale lettera ti ha colpita di più durante il lavoro di traduzione e perché? 

Ci sono tantissime lettere che mi hanno colpito, in particolare quelle giovanili in cui si sfoga riguardo alla madre, e il bellissimo diario alpino, pieno di dolore ma anche di amore e bellezza. Ma se dovessi scegliere una sola lettera, sarebbe quella a cui mi sono ispirata per dare il titolo al libro. La vedo come una sorta di alveo che racchiude tutta la vita, con tutte le sue vicende e la sua portata di amore e di sofferenza. Eccone un piccolo estratto:

“Ma non ho mai cessato né posso cessare di sentire per un istante il perfetto e sconfinato affetto che mi legava e che mi lega a te – che mi rende del tutto incapace di vero amore per qualunque altro essere umano – cosa potrebbero mai significare essi per me dopo te?”

“Si dice che l’assenza distrugga le passioni deboli – e rinsaldi quelle forti – Ahimè! – la mia per te è la somma di tutte le passioni e di tutti gli affetti – Essa s’è rafforzata ma distruggerà me – non parlo di distruzione fisica – poiché ho sopportato e posso sopportare molto – parlo dell’annichilimento d’ogni pensiero sentimento speranza – che non abbiano un qualche legame con te e con i nostri ricordi.”

Mi sembra che Augusta Leigh emerga come una figura complessa almeno tanto quanto Byron in queste lettere. Tu che idea ti sei fatta di questa figura?

I critici sono spesso stati inclementi con Augusta. Michael e Melissa Bakewell, nella loro biografia, arrivano addirittura a sostenere che la responsabilità della rovina di Byron sia sua, e non sanno spiegarsi come una donna che non brillava né per l’intelligenza né per l’aspetto fisico, possa avere avuto una tale importanza per Byron. Di certo Augusta era una persona concreta, una madre attenta, una sorella premurosa e affettuosa. Aveva i suoi lati di frivolezza – Byron amava ridere con lei. Credo, in ogni caso, che il fondamento dell’amore di Byron per lei sia da ricercare non tanto in sue precise caratteristiche quanto nella relazione stessa, nel modo in cui lui si sentiva con lei e attraverso di lei.

Queste lettere riesco a offrirci uno spaccato della società inglese del primo Ottocento? Quali aspetti della vita quotidiana o delle convenzioni sociali dell'epoca emergono in modo più vivido? 

Queste lettere mostrano un bellissimo spaccato della società dell’epoca, sia inglese che di altri paesi europei. Byron descrive i rapporti umani con intelligenza e ironia, e raccontando di se stesso, ci racconta senza volerlo di usi e abitudini passati, sin nei dettagli più piccoli e curiosi – per esempio, l’abitudine di farsi dono di ciocche di capelli (una sua ciocca, così come una dell’amico e poeta Shelley, è conservata alla Biblioteca Classense di Ravenna). Attraverso il suo stile di vita scopriamo come viveva un nobile del tempo che non voleva rinunciare a nulla, ma era senza grosse risorse economiche – era spesso in debito, già dai primi anni a Cambridge. Scopriamo come venivano organizzati viaggi e spostamenti in un’epoca in cui la Rivoluzione Industriale non aveva ancora trasformato la vita quotidiana; scopriamo dettagli interessanti sui rapporti umani e sulle loro regole rigide. Ecco un esempio, Byron invita Augusta al suo discorso in occasione della conclusione dell’anno scolastico ad Harrow, nel 1805:

“Questa volta ti ho avvisato con largo anticipo. Se intendi concedermi l’onore della tua presenza, ti raccomanderei di non venire senza un Gentiluomo, poiché sarò troppo impegnato per l’intera mattinata per occuparmi di te, e immagino che non gradiresti andartene in giro per conto tuo. Dovresti arrivare per le 12 visto che iniziamo all’1, e mi piacerebbe procurarti un buon posto; Harrow è a 11 miglia dalla città, non sarà altro che un confortevole viaggio nell’arco della mattinata. Non so in che modo verrai, ma per l’amor del Cielo porta meno donne possibile, vorrei che mi Scrivessi una risposta immediatamente, cosicché sappia entro giovedì mattina se ci sarai o no, e io organizzerò i miei altri impegni di conseguenza. Ti prego Madam di fare la tua comparsa in una delle più raffinate carrozze di sua Signoria, poiché la nostra etichetta ad Harrow non ammette altro che i veicoli più superbi, in occasione delle nostre Grandiose Festività. Nel frattempo credimi mia carissima Augusta

il tuo affezionato Fratello

BYRON

Da questa lettera emergono molti dettagli interessanti, primo fra tutti il fatto che una donna non potesse “andarsene in giro per conto suo” alla cerimonia in una scuola maschile.

Altri dettagli importanti che emergono sono quelli relativi alle cure mediche dell’epoca, purtroppo tristemente limitate a salassi ed emetici, poiché si credeva ancora che le malattie andassero “fatte uscire” dal corpo attraverso i fluidi.

Inoltre, emergono dettagli curiosi sullo stile di vita stravagante di un uomo che sarebbe stato fuori dagli schemi in qualunque epoca si fosse trovato a vivere:

Il mio serraglio (giacché me ne domandi) – ha qualche posto vacante dopo la fuga d’un gatto – la morte di due scimmie e d’un corvo – per indigestione – ma è ancora un sistema fiorente e alquanto indisciplinato. –“ (Byron era un grandissimo amante degli animali, ne tenne con sé molti per tutta la vita).

Byron scrive in un periodo di grandi cambiamenti politici e sociali, come ha influito questo nelle sue lettere private? 

Le vicende sociali e politiche, di cui Byron è non solo un osservatore attento ma anche una figura attiva e con importanti responsabilità, emergono nelle lettere ad Augusta come sfondo: non ne parla direttamente con lei, anzi, le risparmia di proposito quegli argomenti:

“– Avrai sentito dei nostri viaggi – e del le nostre fughe – e via dicendo – forse con qualche esagerazione – ma ora va tutto molto bene – sono già da un po’ di tempo in Grecia, la quale si trova nello stato che ci si può aspettare date le circostanze – ma non ti tormenterò con politica – guerre – e terremoti –“

Dopo aver tradotto queste lettere, la tua percezione di Byron come uomo è cambiata rispetto a quella che aveva di Byron poeta? 

Assolutamente sì, e non solo: le sue vicende personali sono indispensabili per capire a fondo la sua opera, perché tutto ciò che scrisse era una rielaborazione di vissuti e sentimenti. Così, leggere il Manfred acquista tutt’altro spessore se si conoscono i fatti da cui certi dettagli sono scaturiti. Lo stesso si può dire del Don Juan.

Byron era famoso per i suoi scandali e la sua vita dissoluta. Secondo te queste lettere confermano o sfatano alcuni miti sulla sua personalità? 

Byron ha sempre vissuto fuori dagli schemi, in una società e in un’epoca in cui gli schemi erano alla base delle convenzioni sociali. In un certo senso queste lettere fanno entrambe le cose: confermano gli scandali perché, di fatto, ci sono stati, ma li sfatano perché ci permettono di scavare più a fondo, comprendendoli almeno in parte nel loro aspetto psicologico e umano. 

In un'era di comunicazione così digitale istantanea, che valore ha, secondo te, riscoprire l'arte della corrispondenza cartacea? Cosa abbiamo perso e cosa potremmo recuperare da opere come queste? 

Ho riflettuto su questo aspetto proprio mentre scrivevo. Prima di tutto, pensavo ai tempi diversi, le attese diverse: anche domande importanti non potevano avere risposte immediate, era necessario attendere i tempi della posta, accettare le distanze fisiche e temporali – cosa che non siamo più abituati a fare. Il tempo per scrivere una lettera non è rapido come quello di un’email, o di un messaggio sul cellulare, e una lettera – soprattutto all’epoca, con penna e calamaio – aveva una realtà fisica, tangibile e profondamente personale che è andata del tutto perduta nell’era digitale. Riflettevo anche sul fatto che la figura del traduttore è una di quelle che, si crede, sarà soppiantata dall’avvento e dal perfezionamento dell’intelligenza artificiale. Di certo può essere così per traduzioni tecniche, ma la letteratura è tutt’altra cosa. La letteratura e i carteggi sono testimonianze umane che meritano un ascolto e una voce umani, non artificiali. Traducendo queste lettere, ho scelto ogni parola con cura, con devozione, persino con affetto, perché proprio questo sentivo per Byron nella sua realtà umana. A volte per decidere tra una parola o un’altra ho studiato le rispettive etimologie in entrambe le lingue, per trovare il senso più vicino, adeguato. Ho letto e riletto e riscritto. Parlando strettamente di traduzione, si è trattato di un lavoro lungo e bellissimo e mai, mai avrei rinunciato a nessuno dei suoi aspetti facendomi aiutare dalla tecnologia, né mai lo farò nei miei lavori futuri. Diverso è invece il discorso della reperibilità delle fonti: grazie alla tecnologia, ho avuto accesso in modo rapido e semplice a manoscritti senza dover viaggiare per Europa e America.

Allargando il discorso all’editoria, credo che la qualità, la bellezza, la lentezza nel suo senso di pazienza e attesa, trovino espressione oggi più che mai nella piccola editoria, che non è “business” ma è passione, cura, attenzione, ricerca del bello e volontà di diffonderlo. Per questo, ringrazio ancora una volta il mio editore e la realtà di Terra d’ulivi, per aver sostenuto la mia ricerca e rispettato i tempi del mio lavoro.

Un ringraziamento speciale

Desidero ringraziare di cuore la traduttrice Rubina Valli per aver condiviso con noi le sue riflessioni su questo straordinario lavoro di ricerca e traduzione. La sua dedizione nel riportare alla luce queste lettere intime, cercando manoscritti inediti tra biblioteche internazionali e curando ogni singola parola con "devozione, affetto e dolcezza", ci ricorda quanto sia prezioso il lavoro di chi custodisce e tramanda le testimonianze del passato.

Come lei stessa ha detto, "la letteratura e i carteggi sono testimonianze umane che meritano un ascolto e una voce umani" - parole che risuonano profondamente con la filosofia di Lady Nostalgia, dove ogni francobollo e ogni storia del passato vengono trattati con la stessa cura e rispetto.

Grazie per averci fatto riscoprire il Byron più autentico e per averci ricordato che, dietro ogni grande opera, c'è sempre un cuore umano che batte.

Le lettere di Byron e Augusta sono disponibili presso Terra d'ulivi editore.

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